Il mio amico editore Igort, al telefono, mi fa: "Delinquente, ma mi hai iniziato un altro libro?".
Io non me ne ero accorto, in effetti, ma ora che ci penso: "Mi sa di sì" rispondo: E poi ridiamo entrambi. Lui perchè pensa che sono pazzoide, io perchè sono contento di aver iniziato un nuovo libro.
La telefonata è venuta dopo che gli avevo inviato queste quattro nuove pagine e dopo che aveva letto "I due funghi" e ne era rimasto ben impressionato.
Ora, immagino che sia proprio così, a quanto pare ho inziato un nuovo libro.
Ho pure un titolo in mente, ma devo pensarlo bene prima di dirlo in giro.
Il libro sarà composto di storie separate ma collegate tra loro, come ritmo, ambientazione e intenti.
Ogni volta che finisco un lavoro, come per "Questa è la stanza" mi convinco di essere cerebralmente morto e che quell'ultimo lavoro sia stato veramente l' ultimo lavoro.
Allora mi viene sempre voglia di buttarmi dalla finestra.
Poi, come è successo con "i due funghi", succede qualcosa a cui non avevo pensato e mi ritrovo a scrivere e a disegnare di nuovo. In maniera diversa, di solito. E le giornate tornano a posto.
Fino ad ora, almeno, le cose sono sempre andate così.
novembre 27, 2005
novembre 21, 2005
Per la centesima volta
La rubrica Peanuts, che trovate a questo indirizzo web, ospita una lunga discussione tra me e Giovanni Agozzino.
La discussione parte dal mio racconto su Lucca 2005 e poi scappa via, in direzioni diverse.
Per quanto mi riguarda, ho l'impressione di essere un disco rotto che ripete sempre le stesse cose.
Ma va bene, ognuno ha le sue fissazioni.
L'esame
Il mio amico uomo Marzio ha voluto che gli mostrassi come si dipingono i funghi.
Prima abbiamo preso i funghi, nel bosco vicino a casa.
Li abbiamo portati in casa e ne abbiamo ritratto uno per uno, con la penna. Gli ho mostrato come facevo il disegno dal vero, con il "metodo della parte destra del cervello bacato".
Lui ne ha fatto uno molto bello.
E poi io ho fatto questo fungo, direttamente con il colore, ad acquarello e gli ho raccomandato (se vuole davvero dipingere) di farsi tatuare lo schema dei colori primari e complementari su un avambraccio.
E' stato buffo, perchè non disegnavo "bene" da quindici anni.
E' stato come fare il rinnovo della patente: un esame.
Ora posso tornare a disegnare male, come piace a me.
Prima abbiamo preso i funghi, nel bosco vicino a casa.
Li abbiamo portati in casa e ne abbiamo ritratto uno per uno, con la penna. Gli ho mostrato come facevo il disegno dal vero, con il "metodo della parte destra del cervello bacato".
Lui ne ha fatto uno molto bello.
E poi io ho fatto questo fungo, direttamente con il colore, ad acquarello e gli ho raccomandato (se vuole davvero dipingere) di farsi tatuare lo schema dei colori primari e complementari su un avambraccio.
E' stato buffo, perchè non disegnavo "bene" da quindici anni.
E' stato come fare il rinnovo della patente: un esame.
Ora posso tornare a disegnare male, come piace a me.
novembre 17, 2005
I due funghi
"I due funghi" è' il titolo del primo episodio della nuova storia su cui sto lavorando. Sono tornato a raccontare in tono di autobiografia, come facevo ai tempi di Cuore, quando andavo in giro a fare i reportage a fumetti.
In sostanza, si tratta di usare se stessi come pretesto, come marionetta da gettare in mezzo a questioni che poi, in realtà, autobiografiche non sono affatto.
Il disegno è a tratto, niente acquarello e fatto di getto. Anche la scrittura è alla prima, salvo alcune correzioni per termini oggettivamente troppo inefficaci.
Disegnare/scrivere in questo modo è una esperienza sorprendente. La velocità genera scherzi strani, il fatto di disegnare supermale permette di concentrarsi sui ritmi e sui giochi di costruzione del racconto e vengono fuori invenzioni impreviste.
C'è tanto testo in questa storia. E' un esperimento. Voglio vedere quanto posso intrecciare narrazione e dialoghi senza rompere le scatole.
Comunque sia, era tanto che non mi divertivo così, a disegnare/scrivere.
Quste immagini dovevano andare nel precedente post di dichiarazione d'amore, ma il server non me lo ha permesso.
Le metto ora, sperando di far cosa gradita.
Queste sono le prime quattro pagine, le altre potrete trovarle nel numero di gennaio di Canicola.
Ah, dimenticavo: Disegnare i funghi dal vero è una cosa fantastica!
Tutto bene
Rieccomi.
Dopo il simpatico esame fatto stamani, torno tranquillo: niente cose brutte.
Dovrò fare altri esami per capire bene cosa confabula il mio organismo, ma stiamo nelle malattie che se ne vanno con gli antibiotici.
Sono fortunato.
I problemi con il server di aruba invece non sono ancora stati risolti, non riesco a mettere immagini e non visualizzo i commenti. Spero di risolvere tutto in fretta.
Sono contento della discussione nata nel post di Lucca, secondo me fa bene parlare delle cose.
Ora che sono tranquillo posso pure partecipare.
Dopo il simpatico esame fatto stamani, torno tranquillo: niente cose brutte.
Dovrò fare altri esami per capire bene cosa confabula il mio organismo, ma stiamo nelle malattie che se ne vanno con gli antibiotici.
Sono fortunato.
I problemi con il server di aruba invece non sono ancora stati risolti, non riesco a mettere immagini e non visualizzo i commenti. Spero di risolvere tutto in fretta.
Sono contento della discussione nata nel post di Lucca, secondo me fa bene parlare delle cose.
Ora che sono tranquillo posso pure partecipare.
novembre 16, 2005
Problemi ed esami
Pare che ci siano problemi con i commenti agli articoli. Una sorta di limite.
Anche il server di Aruba mi sta dando problemi.
Per finire, la salute mi sta dando problemi e domani mattina alle 8 dovrò fare un esame che mi preoccupa.
Se tutto andrà bene, tornerò a commentare e discutere di fumetti morti e fumetti vivi.
Prima devo fare l'esame.
Ora ho altri pensieri.
Commentatori: portate pazienza.
Anche il server di Aruba mi sta dando problemi.
Per finire, la salute mi sta dando problemi e domani mattina alle 8 dovrò fare un esame che mi preoccupa.
Se tutto andrà bene, tornerò a commentare e discutere di fumetti morti e fumetti vivi.
Prima devo fare l'esame.
Ora ho altri pensieri.
Commentatori: portate pazienza.
Dichiarazione
Quando gli uomini sono deboli si fanno romantici.
Per motivi personali, in questi giorni non sto benissimo.
Per questi motivi non ho risposto alla questione Lucca, deludendo, forse, alcuni degli interlocutori che si erano espressi nei commenti. Chiedo scusa a tutti.
Spero di poterci tornare ad animo leggero, nei giorni a venire.
Ma non è per lamentarmi della mia piccola esistenza che scrivo questo articolo.
Ma per fare una pubblica dichiarazione d'amore.
Oggi, sotto la spinta di Canicola e di Edo Chieregato (il tutore di Canicola), ho disegnato di nuovo.
Sto facendo una storia breve e libera per quel giornale di scalmanati.
All'inizio non volevo farla perchè ero stanco e avevo paura di non lavorare bene.
Poi Edo mi ha convinto che potevo farmi "canicolizzare" e che forse sarebbero accadute cose buone.
La storia, di dieci pagine, in bianco e nero fatto di getto, è ora quasi finita. Forse è una delle cose che preferisco tra tutte quelle che ho fatto, e sarà anche parte di una vicenda più ampia, realizzata con lo stesso tono pazzoide di questo primo episodio.
Insomma, la cosa che volevo dire è che nonostante tutti i guai di morale e di salute che mi stanno affliggendo in questi giorni, oggi, al tavolino, scrivendo e disegnando di getto, io sono tornato (anche se per poche ore) in paradiso.
E' quindi al disegno ed alle storie che sono dedicate queste righe.
Con tutto l'amore possibile.
Ah, dimenticavo. Un giorno stavo a leggere un quotidiano. circa mille anni fa. Avevo comprato anche Cuore (il giornale di satira) per vedere se mi avevano pubblicato per bene.
C'era una piccola storia di Vincino che si intitolava "amore per il disegno" dove questo omone grande e grosso esprimeva tutto il suo amore per il suo mestiere.
Mi ricordo che la cosa mi commosse e mi dissi: chissà se un giorno anch'io proverò qualcosa di simile.
Per motivi personali, in questi giorni non sto benissimo.
Per questi motivi non ho risposto alla questione Lucca, deludendo, forse, alcuni degli interlocutori che si erano espressi nei commenti. Chiedo scusa a tutti.
Spero di poterci tornare ad animo leggero, nei giorni a venire.
Ma non è per lamentarmi della mia piccola esistenza che scrivo questo articolo.
Ma per fare una pubblica dichiarazione d'amore.
Oggi, sotto la spinta di Canicola e di Edo Chieregato (il tutore di Canicola), ho disegnato di nuovo.
Sto facendo una storia breve e libera per quel giornale di scalmanati.
All'inizio non volevo farla perchè ero stanco e avevo paura di non lavorare bene.
Poi Edo mi ha convinto che potevo farmi "canicolizzare" e che forse sarebbero accadute cose buone.
La storia, di dieci pagine, in bianco e nero fatto di getto, è ora quasi finita. Forse è una delle cose che preferisco tra tutte quelle che ho fatto, e sarà anche parte di una vicenda più ampia, realizzata con lo stesso tono pazzoide di questo primo episodio.
Insomma, la cosa che volevo dire è che nonostante tutti i guai di morale e di salute che mi stanno affliggendo in questi giorni, oggi, al tavolino, scrivendo e disegnando di getto, io sono tornato (anche se per poche ore) in paradiso.
E' quindi al disegno ed alle storie che sono dedicate queste righe.
Con tutto l'amore possibile.
Ah, dimenticavo. Un giorno stavo a leggere un quotidiano. circa mille anni fa. Avevo comprato anche Cuore (il giornale di satira) per vedere se mi avevano pubblicato per bene.
C'era una piccola storia di Vincino che si intitolava "amore per il disegno" dove questo omone grande e grosso esprimeva tutto il suo amore per il suo mestiere.
Mi ricordo che la cosa mi commosse e mi dissi: chissà se un giorno anch'io proverò qualcosa di simile.
novembre 03, 2005
Afterlucca 2005
Diario di getto con fotografie.
Sono seduto sulle poltroncine della premiazione.
Sono in una chiesa barocca, con dipinti e statue. Guardo i dipinti alle pareti e penso alla pittura del settecento ed alla piccolezza del mio lavoro, mi sento un microbo.
Accanto a me, sulla sinistra, c'è Paul Karasic.
Ci siamo conosciuti allo stand, lavorando accanto.
Abbiamo fatto amicizia.
Lui è uno scrittore e sceneggiatore di fumetti americano.
E' a Lucca per presentare il volume "Città di vetro", dal romanzo di Paul Auster, con i disegni di Mazzucchelli.
Per un anno insegnerà alla scuola di comics di Firenze.
Sul sedile destro c'è Matt Broersma, viene dal Texas, ma vive in Inghilterra.
Ci siamo conosciuti ad Angouleme, io e Matt, e poi siamo diventati amici via mail, cercando di risolvere insieme alcuni problemi legati alla scansione di disegni e al trattamento dei toni. Roba da disegnatori alle prese con le macchine.
Sono due autori americani, sono simpatici. Io non ho mai fatto amicizia con un americano in vita mia. Questa è la mia prima volta. Sono contento di scherzare con loro , ho l'impressione che abbiamo un umorismo simile. Penso a Bush e, se è possibile, ne percepisco ancor di più l'essenza aliena. Inevitabilmente mi ritrovo a pensare anche a Berlusconi e concludo che dagli alieni siamo dominati da tempo.
A Berlusconi ci penso perchè mentre cerco di resistere al sonno, nella mia poltroncina, sul palco delle premiazioni si sta presentando la nuova "sigla" di Lucca Comics.
E' una musica terribile con un testo infantile. Vorrei avere il testo da postare qui, non lo ricordo. Mi viene a mente solo una rima difficile con Cosplayer.
Sono imbarazzato, i miei nuovi amici americani mi guardano e mi prendono in giro.
Penso a Berlusconi anche perchè, mentre la sigla si riverbera nello spazio aperto della chiesa, su un monitor gigante stanno passando le immagini della fiera. Sono immagini prese durante i primi tre giorni della manifestazione e ne sottolineano la giocosità e l'allegria.
In alcune delle scene vediamo il ministro Altero Matteoli che incuriosito tocchicchia dei giornalini. In un'altra (ma questa immagine non mi fa pensare a Berlusconi) c'è Giobbe Covatta.
Riappare Matteoli. Ora so che sono fotografie scattate il giorno dell'inaugurazione.
Mi allungo verso Paul Karasic e gli spiego che quello nella foto è un ministro ex fascista del governo Berlusconi.
Giacomo Nanni vince un premio per la migliore storia breve.
Un libro che non conosco: Palle di toro, vince invece il premio come miglior volume.
A me va il riconoscimento per il miglior Autore Unico.
Salgo sul palco e sono imbarazzato. Ho un paio di doveri. Devo ringraziare chi mi ha aiutato a fare i libri in questi ultimi anni: Lucia, Igort e la Coconino.
Dedico il premio a mio padre, con il quale ho scritto l'ultimo libro, dico.
I premianti non sanno che mio padre è morto prima che iniziassi a lavorarci e la dedica in questa forma non imbarazza nessuno e fa venire i lucciconi solo a me.
Il premio è un piatto di vetro, rotondo, con una fata biomeccanica, disegnata dal mio amico Simone Bianchi, stampata sopra. Quando torno a sedere tutti mi prendono in giro per il piatto, io fingo di avere forchetta e coltello e mangio un involtino invisibile.
Il festival è cominciato tre giorni prima.
Per una volta, dopo tre anni di pioggia, il sole illumina la fiera. Fa caldo. Sembra primavera.
All'interno dei tendoni la temperatura è insopportabile.
L'umidità si avvicina a quella della giungla amazzonica.
Sopra agli stand,sono stati appesi dei teli di nylon, per evitare che la condensa cada sui libri e sulla testa di chi sta sotto.
Non si respira.
Accanto allo stand Coconino c'è una postazione della Playstation 2.
C'è un gioco in carica che non si ferma mai: Un quiz musicale. Deve essere divertente. Si gioca in quattro, ci sono dei grandi cuscini grigi davanti a due schermi al plasma. I ragazzi si accalcano e si sfidano nel quiz, stando sui comodi cuscini. Li invidio. Vorrei giocare anch'io. Il volume della macchina, d'altronde, è talmente alto che imparo tutti i brani a memoria, ed anche le frasi dell'automa digitale che conduce il gioco e premia e sgrida i concorrenti.
Per la prima volta ho in mano il libro nuovo. Mi piace, mi sembra un tantino scuro, ma qui allo stand c'è poca luce. C'è poca luce. Pochissima.
Mentre disegnamo perdiamo diottrie. I mal di testa non mancheranno. Staremo male io, Igort, Lucia, Craig Thompson...
Va bene. Stiamo a lavorare. Io ho questa visione da samurai. In questi giorni si lavora. Ci si lamenta il meno possibile e si fanno le dediche. Coconino è una piccola casa editrice e, anche se le cose vanno molto bene, fare tante dediche è importante.
Lavoro molto accanto a Igort e ci sto bene, come sempre.
Massima dedizione allo Shogun.
Se volete allevarvi un figlio samurai, riempitelo di sensi di colpa, una volta cresciuto farà tutto quello che vorrete. Sarà un gran lavoratore.
Parliamo di lavoratori.
C'è Marco Corona con il nuovo bellissimo volume e Matt con il suo Insomnia ed Elfo con un volume composto da storie di una pagina e Sergio Ponchione con il quale scoprirò una comune deriva Zappiana e Piero Macola, l'ultras più buono del mondo e Craig Thompson e Igort e Paul Karasic con Città di vetro di Auster e Mazzucchelli e Davide Toffolo, con il suo gorilla bianco accanto.
I loro libri (escludendo quello di Marco che ho già mangiato) saranno le mie letture di questi giorni.
Smetto di disegnare solo per fare incontri e interviste. Mi scopro serio. Ho imparato a dire le cose senza agitarmi troppo, almeno nelle interviste video. Mi dico che sto invecchiando e raffreddando e mi spavento.
Nelle interviste video riesco a prendere fiato. Penso la risposta. La dico nel modo (per me) più chiaro possibile.
Mi sembra di essere divenuto "posato".
Mi rifaccio in uno show case, l'ultimo giorno. Ho un mal di testa stranissimo, che mi parte dalla base del collo e mi da la nausea. La mia faccia sdentata viene proiettata su dei monitor giganti. Devo disegnare e parlare e questo è molto difficile. All'incontro il pubblico è numeroso. Un tecnico mi ha messo un auricolare/microfono uguale a quello che usano i fonici de "L'isola dei famosi".
Alcuni minuti prima dello Show Case incontro la persona che condurrà la sessione. Lo avverto che ho la mania di dire la verità, quando parlo del lavoro. Lo avviso in tutti i modi possibili. E' una persona gentile e non voglio metterlo in imbarazzo. Mi parla del premio che ho ricevuto. Gli dico che se ne può parlare ma che le cose potrebbero non essere tutte rose e fiori.
Lui è gentile e mi sorride e vuole che parliamo della tecnica che ho usato nei disegni. Io rispondo che la tecnica non è importante e che vorrei parlare d'altro ma che esistono probabilità che possa dire cose spiacevoli per qualcuno.
Lui sorride, è gentile ed è abituato ad incontri tranquilli. Non mi prende sul serio.
Io ho paura che lui mi chieda del premio e del festival.
Lo fa.
Durante l'incontro mi parla del premio. Mi dice che sono contento. Non lo chiede, lo afferma, perchè lo ritiene naturale.
Io invece non sono contento e non lo nascondo.
Ho vinto il premio come Autore Unico e , secondo me, questo non significa niente.
Se vogliono premiare me, gli dico, diano un premio ad un mio libro. Io sono lì dentro. Quello che sta al di fuori non è certo da premiare in alcun modo.
Dico anche che questo premio mi sembra una forzata dimostrazione di attenzione verso un fumetto "diverso".
Ma non c'è convinzione, in questa attenzione, e secondo me si vede lontano un chilometro.
Mi viene chiesto cosa penso del festival.
Io penso che la verità ti rende libero e quindi rispondo che non mi piace. Che trovo che la commistione tra giochi e racconti a fumetti sia un delirio.
In realtà, mi rendo conto che sto esagerando. E' l'unione tra giochi ed un certo tipo di fumetto che non sta in piedi. Così giro sulla questione e racconto ad un pubblico che appare adesso abbastanza stranito, le mie difficoltà nel raccontare il mio mestiere.
La vecchia storia dei personaggi e dei paperi.
"Che lavoro fai?"
"Faccio storie a fumetti"
"Ah si?, che personaggio disegni?"
Auspico un avvicinamento del "mio" tipo di fumetto alla letteratura.
Non mi importa niente dei vari Mister Qualcosa e Maximilian Shit vari, non è il mio mondo. mi interessa il mio lavoro. Non attacco nessuno. ognuno stia dove vuole.
Sottolineo che in Francia questo avvicinamento alla letteratura c'è già. Ricordo all'intervistatore che i miei due volumi precedenti sono usiciti in Francia con degli editori di letteratura. Immagino un futuro in cui parlare dei libri senza la PS2 nelle orecchie, per dirla in modo semplie.
Sbaglio.
Me ne accorgo mentre parlo. Sono a Lucca Comics&Games. Sono il rappresentante debole di una minoranza debole. Mi guardo intorno, butto lo sguardo sugli stand vicini e riconosco le sagome muscolose dei vari eroi fantastici.
E mi parte la seconda polpetta.
Ora parlo della necessità di affondare il racconto nella realtà, in un mondo che (secondo me) te ne spinge fuori, con forza. E poi proprio della forza parlo ora, della mia propensione alla debolezza e finisco ad attaccare pure il concetto di mascolinità che vedo rappresentato in questi eroi armati fino ai denti, e mi accorgo che sto passando per matto.
Ma ormai ci sono. Descrivo il mio modo di rappresentare i personaggi femminili, del motivo per cui non ho voluto farlo fino ad ora, fin quando non sono stato sicuro di poter disegnare "male" anche le donne. Senza un metro diverso da quello che uso per i caratteri maschili.
Vedo che c'è tanta gente intorno e penso che sia per un effetto simile a quello che fanno i predicatori pazzi nei parchi americani.
Sono in piedi, su un mattone e faccio proclami. Il mio intervistatore è sempre più in difficoltà. Vorrei fermarmi e dirgli che gli voglio bene e che sono solo posseduto da un demone che parla al posto mio ma già sto attaccando la giunta lucchese. Ricordo ai presenti (eravamo finiti a parlare di nazisti) che il sindaco Fazzi ha voluto concedere una sede a quegli scalmanati di Forza Nuova.
Insomma, se volete consigli su come rovinarsi una carriera, chiamatemi pure.
L'ultimo giorno a Lucca è il più faticoso. faccio l'ultima dedica mentre lo stand viene smontato, seduto per terra. La faccio ad una coppia di ragazzi molto gentili. Hanno comprato due libri miei mentre lo stand chiudeva, li ho notati gironzolare senza avere il coraggio di domandare un ultimo disegno.
Credo anche che sia venuto bene. Mi sembravano contenti, e lo ero anch'io.
Nella poltroncina, prima del premio, viene assegnato un premio strano, alla Playstation 2, mi sembra, oppure all'Xbox. Non ho capito, perchè sono davvero stanchissimo.
A presentare questi strani premi per i giochi ci sono dei giovani molto lucidi che non posso trattenermi dall'immaginare futuri assessori.
Paul, alla mia sinistra, ride e si sorprende. Ride ai nomi americani dei giochi italiani premiati. Matt, alla mia destra, ride. Dice che tutti quelli sul palco sono cosplayer travestiti da premiati o da premianti.
Lo sarò anch'io, pochi minuti dopo.
Sono seduto sulle poltroncine della premiazione.
Sono in una chiesa barocca, con dipinti e statue. Guardo i dipinti alle pareti e penso alla pittura del settecento ed alla piccolezza del mio lavoro, mi sento un microbo.
Accanto a me, sulla sinistra, c'è Paul Karasic.
Ci siamo conosciuti allo stand, lavorando accanto.
Abbiamo fatto amicizia.
Lui è uno scrittore e sceneggiatore di fumetti americano.
E' a Lucca per presentare il volume "Città di vetro", dal romanzo di Paul Auster, con i disegni di Mazzucchelli.
Per un anno insegnerà alla scuola di comics di Firenze.
Sul sedile destro c'è Matt Broersma, viene dal Texas, ma vive in Inghilterra.
Ci siamo conosciuti ad Angouleme, io e Matt, e poi siamo diventati amici via mail, cercando di risolvere insieme alcuni problemi legati alla scansione di disegni e al trattamento dei toni. Roba da disegnatori alle prese con le macchine.
Sono due autori americani, sono simpatici. Io non ho mai fatto amicizia con un americano in vita mia. Questa è la mia prima volta. Sono contento di scherzare con loro , ho l'impressione che abbiamo un umorismo simile. Penso a Bush e, se è possibile, ne percepisco ancor di più l'essenza aliena. Inevitabilmente mi ritrovo a pensare anche a Berlusconi e concludo che dagli alieni siamo dominati da tempo.
A Berlusconi ci penso perchè mentre cerco di resistere al sonno, nella mia poltroncina, sul palco delle premiazioni si sta presentando la nuova "sigla" di Lucca Comics.
E' una musica terribile con un testo infantile. Vorrei avere il testo da postare qui, non lo ricordo. Mi viene a mente solo una rima difficile con Cosplayer.
Sono imbarazzato, i miei nuovi amici americani mi guardano e mi prendono in giro.
Penso a Berlusconi anche perchè, mentre la sigla si riverbera nello spazio aperto della chiesa, su un monitor gigante stanno passando le immagini della fiera. Sono immagini prese durante i primi tre giorni della manifestazione e ne sottolineano la giocosità e l'allegria.
In alcune delle scene vediamo il ministro Altero Matteoli che incuriosito tocchicchia dei giornalini. In un'altra (ma questa immagine non mi fa pensare a Berlusconi) c'è Giobbe Covatta.
Riappare Matteoli. Ora so che sono fotografie scattate il giorno dell'inaugurazione.
Mi allungo verso Paul Karasic e gli spiego che quello nella foto è un ministro ex fascista del governo Berlusconi.
Giacomo Nanni vince un premio per la migliore storia breve.
Un libro che non conosco: Palle di toro, vince invece il premio come miglior volume.
A me va il riconoscimento per il miglior Autore Unico.
Salgo sul palco e sono imbarazzato. Ho un paio di doveri. Devo ringraziare chi mi ha aiutato a fare i libri in questi ultimi anni: Lucia, Igort e la Coconino.
Dedico il premio a mio padre, con il quale ho scritto l'ultimo libro, dico.
I premianti non sanno che mio padre è morto prima che iniziassi a lavorarci e la dedica in questa forma non imbarazza nessuno e fa venire i lucciconi solo a me.
Il premio è un piatto di vetro, rotondo, con una fata biomeccanica, disegnata dal mio amico Simone Bianchi, stampata sopra. Quando torno a sedere tutti mi prendono in giro per il piatto, io fingo di avere forchetta e coltello e mangio un involtino invisibile.
Il festival è cominciato tre giorni prima.
Per una volta, dopo tre anni di pioggia, il sole illumina la fiera. Fa caldo. Sembra primavera.
All'interno dei tendoni la temperatura è insopportabile.
L'umidità si avvicina a quella della giungla amazzonica.
Sopra agli stand,sono stati appesi dei teli di nylon, per evitare che la condensa cada sui libri e sulla testa di chi sta sotto.
Non si respira.
Accanto allo stand Coconino c'è una postazione della Playstation 2.
C'è un gioco in carica che non si ferma mai: Un quiz musicale. Deve essere divertente. Si gioca in quattro, ci sono dei grandi cuscini grigi davanti a due schermi al plasma. I ragazzi si accalcano e si sfidano nel quiz, stando sui comodi cuscini. Li invidio. Vorrei giocare anch'io. Il volume della macchina, d'altronde, è talmente alto che imparo tutti i brani a memoria, ed anche le frasi dell'automa digitale che conduce il gioco e premia e sgrida i concorrenti.
Per la prima volta ho in mano il libro nuovo. Mi piace, mi sembra un tantino scuro, ma qui allo stand c'è poca luce. C'è poca luce. Pochissima.
Mentre disegnamo perdiamo diottrie. I mal di testa non mancheranno. Staremo male io, Igort, Lucia, Craig Thompson...
Va bene. Stiamo a lavorare. Io ho questa visione da samurai. In questi giorni si lavora. Ci si lamenta il meno possibile e si fanno le dediche. Coconino è una piccola casa editrice e, anche se le cose vanno molto bene, fare tante dediche è importante.
Lavoro molto accanto a Igort e ci sto bene, come sempre.
Massima dedizione allo Shogun.
Se volete allevarvi un figlio samurai, riempitelo di sensi di colpa, una volta cresciuto farà tutto quello che vorrete. Sarà un gran lavoratore.
Parliamo di lavoratori.
C'è Marco Corona con il nuovo bellissimo volume e Matt con il suo Insomnia ed Elfo con un volume composto da storie di una pagina e Sergio Ponchione con il quale scoprirò una comune deriva Zappiana e Piero Macola, l'ultras più buono del mondo e Craig Thompson e Igort e Paul Karasic con Città di vetro di Auster e Mazzucchelli e Davide Toffolo, con il suo gorilla bianco accanto.
I loro libri (escludendo quello di Marco che ho già mangiato) saranno le mie letture di questi giorni.
Smetto di disegnare solo per fare incontri e interviste. Mi scopro serio. Ho imparato a dire le cose senza agitarmi troppo, almeno nelle interviste video. Mi dico che sto invecchiando e raffreddando e mi spavento.
Nelle interviste video riesco a prendere fiato. Penso la risposta. La dico nel modo (per me) più chiaro possibile.
Mi sembra di essere divenuto "posato".
Mi rifaccio in uno show case, l'ultimo giorno. Ho un mal di testa stranissimo, che mi parte dalla base del collo e mi da la nausea. La mia faccia sdentata viene proiettata su dei monitor giganti. Devo disegnare e parlare e questo è molto difficile. All'incontro il pubblico è numeroso. Un tecnico mi ha messo un auricolare/microfono uguale a quello che usano i fonici de "L'isola dei famosi".
Alcuni minuti prima dello Show Case incontro la persona che condurrà la sessione. Lo avverto che ho la mania di dire la verità, quando parlo del lavoro. Lo avviso in tutti i modi possibili. E' una persona gentile e non voglio metterlo in imbarazzo. Mi parla del premio che ho ricevuto. Gli dico che se ne può parlare ma che le cose potrebbero non essere tutte rose e fiori.
Lui è gentile e mi sorride e vuole che parliamo della tecnica che ho usato nei disegni. Io rispondo che la tecnica non è importante e che vorrei parlare d'altro ma che esistono probabilità che possa dire cose spiacevoli per qualcuno.
Lui sorride, è gentile ed è abituato ad incontri tranquilli. Non mi prende sul serio.
Io ho paura che lui mi chieda del premio e del festival.
Lo fa.
Durante l'incontro mi parla del premio. Mi dice che sono contento. Non lo chiede, lo afferma, perchè lo ritiene naturale.
Io invece non sono contento e non lo nascondo.
Ho vinto il premio come Autore Unico e , secondo me, questo non significa niente.
Se vogliono premiare me, gli dico, diano un premio ad un mio libro. Io sono lì dentro. Quello che sta al di fuori non è certo da premiare in alcun modo.
Dico anche che questo premio mi sembra una forzata dimostrazione di attenzione verso un fumetto "diverso".
Ma non c'è convinzione, in questa attenzione, e secondo me si vede lontano un chilometro.
Mi viene chiesto cosa penso del festival.
Io penso che la verità ti rende libero e quindi rispondo che non mi piace. Che trovo che la commistione tra giochi e racconti a fumetti sia un delirio.
In realtà, mi rendo conto che sto esagerando. E' l'unione tra giochi ed un certo tipo di fumetto che non sta in piedi. Così giro sulla questione e racconto ad un pubblico che appare adesso abbastanza stranito, le mie difficoltà nel raccontare il mio mestiere.
La vecchia storia dei personaggi e dei paperi.
"Che lavoro fai?"
"Faccio storie a fumetti"
"Ah si?, che personaggio disegni?"
Auspico un avvicinamento del "mio" tipo di fumetto alla letteratura.
Non mi importa niente dei vari Mister Qualcosa e Maximilian Shit vari, non è il mio mondo. mi interessa il mio lavoro. Non attacco nessuno. ognuno stia dove vuole.
Sottolineo che in Francia questo avvicinamento alla letteratura c'è già. Ricordo all'intervistatore che i miei due volumi precedenti sono usiciti in Francia con degli editori di letteratura. Immagino un futuro in cui parlare dei libri senza la PS2 nelle orecchie, per dirla in modo semplie.
Sbaglio.
Me ne accorgo mentre parlo. Sono a Lucca Comics&Games. Sono il rappresentante debole di una minoranza debole. Mi guardo intorno, butto lo sguardo sugli stand vicini e riconosco le sagome muscolose dei vari eroi fantastici.
E mi parte la seconda polpetta.
Ora parlo della necessità di affondare il racconto nella realtà, in un mondo che (secondo me) te ne spinge fuori, con forza. E poi proprio della forza parlo ora, della mia propensione alla debolezza e finisco ad attaccare pure il concetto di mascolinità che vedo rappresentato in questi eroi armati fino ai denti, e mi accorgo che sto passando per matto.
Ma ormai ci sono. Descrivo il mio modo di rappresentare i personaggi femminili, del motivo per cui non ho voluto farlo fino ad ora, fin quando non sono stato sicuro di poter disegnare "male" anche le donne. Senza un metro diverso da quello che uso per i caratteri maschili.
Vedo che c'è tanta gente intorno e penso che sia per un effetto simile a quello che fanno i predicatori pazzi nei parchi americani.
Sono in piedi, su un mattone e faccio proclami. Il mio intervistatore è sempre più in difficoltà. Vorrei fermarmi e dirgli che gli voglio bene e che sono solo posseduto da un demone che parla al posto mio ma già sto attaccando la giunta lucchese. Ricordo ai presenti (eravamo finiti a parlare di nazisti) che il sindaco Fazzi ha voluto concedere una sede a quegli scalmanati di Forza Nuova.
Insomma, se volete consigli su come rovinarsi una carriera, chiamatemi pure.
L'ultimo giorno a Lucca è il più faticoso. faccio l'ultima dedica mentre lo stand viene smontato, seduto per terra. La faccio ad una coppia di ragazzi molto gentili. Hanno comprato due libri miei mentre lo stand chiudeva, li ho notati gironzolare senza avere il coraggio di domandare un ultimo disegno.
Credo anche che sia venuto bene. Mi sembravano contenti, e lo ero anch'io.
Nella poltroncina, prima del premio, viene assegnato un premio strano, alla Playstation 2, mi sembra, oppure all'Xbox. Non ho capito, perchè sono davvero stanchissimo.
A presentare questi strani premi per i giochi ci sono dei giovani molto lucidi che non posso trattenermi dall'immaginare futuri assessori.
Paul, alla mia sinistra, ride e si sorprende. Ride ai nomi americani dei giochi italiani premiati. Matt, alla mia destra, ride. Dice che tutti quelli sul palco sono cosplayer travestiti da premiati o da premianti.
Lo sarò anch'io, pochi minuti dopo.
novembre 02, 2005
Lucca 2005
Sono tornato.
Per quattro giorni sono rimasto allo stand Coconino, facendo disegni e dediche sulle copie dei libri.
Sono tornato con il mal di gola, la fidanzata ammalata e una stanchezza che impiegherà più di una giornata per andarsene via.
Sono tornato con il premio come Miglior Autore Unico. Una cosa di cui parlerò. Sono tornato anche con il nuovo volume : "Questa è la stanza", che non avevo ancora visto stampato.
Ora non ce la faccio a fare un resoconto di queste giornate.
Ci sono tante cose da raccontare.
Lo farò nei prossimi giorni.
Questo post è solo per mandare un saluto a tutti i lettori che hanno voluto incontrarmi allo stand, per ringraziarli delle attenzioni ricevute.
Ed è anche la prima occasione per mandare un abbraccio ai disegnatori che con me hanno lavorato come pazzi, per quelle quattro interminabili giornate di fronte al rumorosissimo box delle plasystation 2:
Marco Corona, Elfo, Craig Thompson, Igort, Matt Broersma, Sergio Ponchione, Piero Macola, Paul Karasik, Davide Toffolo.
Il ringaziamento finale, per tutto il lavoro fatto, va (naturalmente) a Simone Romani e tutto lo staff Coconino.
Per quattro giorni sono rimasto allo stand Coconino, facendo disegni e dediche sulle copie dei libri.
Sono tornato con il mal di gola, la fidanzata ammalata e una stanchezza che impiegherà più di una giornata per andarsene via.
Sono tornato con il premio come Miglior Autore Unico. Una cosa di cui parlerò. Sono tornato anche con il nuovo volume : "Questa è la stanza", che non avevo ancora visto stampato.
Ora non ce la faccio a fare un resoconto di queste giornate.
Ci sono tante cose da raccontare.
Lo farò nei prossimi giorni.
Questo post è solo per mandare un saluto a tutti i lettori che hanno voluto incontrarmi allo stand, per ringraziarli delle attenzioni ricevute.
Ed è anche la prima occasione per mandare un abbraccio ai disegnatori che con me hanno lavorato come pazzi, per quelle quattro interminabili giornate di fronte al rumorosissimo box delle plasystation 2:
Marco Corona, Elfo, Craig Thompson, Igort, Matt Broersma, Sergio Ponchione, Piero Macola, Paul Karasik, Davide Toffolo.
Il ringaziamento finale, per tutto il lavoro fatto, va (naturalmente) a Simone Romani e tutto lo staff Coconino.
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