dicembre 14, 2011

2,90 €

Ho preso ad andare tutte le mattine a fare colazione in questo barrino. Un barrino, in pisano è un piccolo bar. Ora lo sapete.
A quell'ora, nel bar, che sta su una statale, niente di rustico o romantico, ci sono le persone che vanno a lavorare. Sicuramente ci sono due ragazze che lavorano da una parrucchiera. Almeno tre muratori e un elettricista. Forse un maestro di scuola. Alcuni pensionati, una signora che cammina come un pistolero. 
Non ho parlato con nessuno di loro, sono una comunità, per conto proprio, io sono nuovo.  Entro, mangio i cornetti e bevo il cappuccino. Spesso c'è una lotta per l'unico quotidiano disponibile: il Tirreno.

Tutti mandiamo sguardi al tavolo che ospita il giornale e a chi lo sta leggendo, sembriamo iene in attesa che il leone di turno si allontani dalla carogna. Se il leone di turno è la signora con il telefonino dentro l'orecchio l'attesa è inutile. Legge molto lentamente. Almeno per la durata che passa tra la domanda di un cappuccino e un cornetto di pasta sfoglia, un altro cornetto di pasta sfoglia, un bicchier d'acqua, ed un "quant'è? Due euro e novanta ."
Se c'è lei a leggere il giornale è inutile gironzolare per la savana.

Ieri non c'era il Tirreno. C'era "Il Giornale" sul tavolo. Non so perché.  C'era uno sciopero?
"Il Giornale" non lo toccava nessuno. Qualcuno ha letto i titoli della prima pagina, ma restando in piedi, dondolando sulle piante dei piedi, cappuccino e cornetto in mano, sguardo dall'alto, sui caratteri della prima pagina. Non ero io, era un signore. Non lo avevo mai visto prima. 
Questa mattina però era tornato il Tirreno. Ma era occupato. Ho fatto la iena per un po', poi ho preso la gazzetta dello sport.

Una settimana fa una ragazza era stata aggredita. Una delle due inservienti della parrucchiera. Non ho capito quale delle due. La sera prima era tornata a casa, aveva parcheggiato l'auto e stava camminando verso il cancellato di casa quando due mani l'hanno afferrata, da dietro. Nella mia immaginazione le mani le sono finite sulle tette ma questo è un dettaglio che ho immaginato io, credo.
Nessuno sa perché quelle mani la abbiano afferrata da dietro, in piena notte, se per rapina o peggio, fatto sta che lei ha mollato una gomitata, si è divincolata ed è scappata in casa. L'ombra che l'ha assalita è scomparsa senza emettere un fiato, senza fornire nessun elemento di riconoscimento.
Nel barrino, la mattina dopo, la signora che cammina come un pistolero ha detto che quando c'era "lui" queste cose non succedevano, perché Mussolini e Hitler (mi è piaciuto che abbia aggiunto Hitler, Hitler, poverino non lo cita mai nessuno in queste occasioni) non permettevano che queste cose succedessero. In più, ha aggiunto, le ragazze stavano a casa. Alle undici di sera, a casa, a quei tempi. Mica in giro a farsi stuprare.
La signora che sembra un pistolero è di bassa statura, ha le gambe arcuate come se avesse cavalcato l'Arizona in lungo e in largo e porta scarpe basse e calze opache chiare.
Ha una voce baritonale molto potente, un accento pisano marcato, ma di quel pisano di provincia, che ha sempre un fondo di lamento per la vita intera, come se soffrisse per l'esistenza stessa della materia o per la mancata scoperta (ancora!) del suo contrario.
 "Oioi" e "oimmena" che si infilano tra parole e frasi. Suoni che danno ritmo al discorso, ma un ritmo negativo, fatto di sconfitta, pause dalle quali si intravede una fine triste, distante e ineludibile, in un qualche reusorio pieno di rimpianti.
Oioi.

Quando Mussolini e Hitler si sono palesati sulla statale, a riportare l'ordine, io stavo bevendo il cappuccino con il cornetto di pasta sfoglia. Non che lo ricordi con precisione, ma visto che faccio colazione allo stesso modo, da sempre, posso testimoniare senza pericolo di cadere in fallo.
"Ne è sicuro? Pasta sfoglia?".
"Assolutamente Brigadiere. Pasta sfoglia."
Era mattina, molto presto, ancora mi dormivano le cispe accucciate nella lacrima dell'occhio e mi sono ritrovato con Hitler e Mussolini intorno. 
Non ho resistito. La bocca si è mossa da sola ed ho pregato la signora non di chetarsi, non mi permetterei, ma di rimandare l'elogio del nazifascismo a più tardi.  Magari alle dieci. Non a quell'ora. Non appena svegliato, per favore, le ho chiesto.
Si è scusata. Ha aggiunto pure che lei di quelle cose, tra l'altro, non ne sapeva nulla, che al tempo del fascismo non era neppure nata e che insomma, diceva così per dire.
Io, che apprezzo sempre l'utilizzo del nazismo nelle frasi "così per dire" l'ho ringraziata del buon cuore.
E poi tutti hanno parlato dell'aggressione alla parrucchiera, sottolineando che non si vive più, che "quelli lì" non fanno più far vita a nessuno. Oioi. Ti pigliano, ti stuprano, di notte e di giorno, oimmemei.
Le due mani nella notte, erano, chiaramente, di quelli lì.

La statale del barrino, quella dove abito, è una via molto trafficata. Intorno a me, nelle famiglie dei vicini, tutti hanno avuto dei morti per cancro. Si respira aria di camion tutto il giorno e si può essere investiti con facilità ma nessuno era mai stato aggredito o stuprato. Eppure, oimmemei, non si vive più, da quando ci sono quelli lì.
La discussione è durata tanto. Non so quanto in verità perché a un certo punto ho pagato e sono uscito. Secondo me "quelli li" erano  tunisini. Ma è un' ipotesi. Io li odio i tunisini.

Questa mattina non c'erano discussioni di sorta. Tutto era pacifico. All'inizio il giornale era nelle mani di un signore e mi sono accontentato della Gazzetta dello sport, dove c'era una storia interessante di calciatori e cocaina.
Le persone sono arrivate, le solite, come sempre, anche la pistolera. 
Hanno parlato del freddo, della neve che forse arriverà ed era ora, visto che questo non sembra neppure un inverno, e queste nuove tasse che ci rovineranno tutti , ohioi, ed ognuno ha fatto colazione come gli piaceva. Io ho preso un cappuccino e due cornetti di pasta sfoglia.
Ho salutato. Non c'era motivo di trattenersi, non c'erano discussioni interessanti alle quali partecipare.
Ieri a Firenze sono stati uccisi due ragazzi senegalesi. Un terzo ferito gravemente, sta tra la vita e la morte.
Il terzo, devo aggiungere, quello tra la vita e la morte, sparato da una 357 magnum, abita proprio lì. 
A pochi metri dal barrino.
Due euro e novanta.

novembre 25, 2011

Cercando me stesso

Cercando me stesso su Google, che è una cosa orribile che nessuno dovrebbe fare mai (ma che a volte purtroppo faccio, sopratutto quando non sto benissimo) ho trovato delle discussioni di appassionati riguardo al mio smettere di fare fumetti.
Urgono precisazioni:

1) Adesso non faccio fumetti. Non mi vengono. Non mi venivano già da prima di accettare di lavorare al film con Fandango. Non venivano da mesi ed ero molto preoccupato e dolorante. Non è stata una scelta, è una cosa che è successa. Probabilmente con La Mia Vita Disegnata Male avevo fatto un Harakiri troppo in profondità. Forse si era pure sbriciolata la mia idea ingenua di parlare a persone buone. Non so perchè, ma nella mia testa, all'inizio, i lettori di storie a fumetti erano tutte persone buone. Negli anni ho scoperto che ci sono un sacco di esserini che passano il tempo a tirarti merda addosso, merito di questo mezzo che consente l'invisibilità, naturalmente, perchè in viso nessuno, in anni di lavoro e incontri e fiere mi ha mai detto un cazzo.
Sono fragile, queste cose mi hanno sempre fatto male, per quanto bene potessero andare i lavori.
Errore mio comunque, che senza accorgermene mi sono esposto troppo.

2) Non vedo in questo passaggio al cinema un passo in avanti. Non ritengo il mondo del cinema migliore di quello del fumetto. Non ci vedo una maggiore rispettabilità e la notorietà la considero una cosa brutta (per me, almeno), a qualsiasi livello. Nel cinema ci sono cose bellissime che nel lavoro di fumetto mancano. Ora invertite i soggetti e otterrete: "nel fumetto ci sono cose bellissime che nel lavoro di cinema mancano."
Sono due cose diverse. Le amo entrambe.

Fine delle precisazioni. Alcune note:
A) Quando mangio al ristorantino dove pranzo ogni giorno mi faccio dare una penna e provo a disegnare, ma è proprio il corpo che non è d'accordo. Detto tra noi, spero che passi. (si, mi faccio dare la penna, e questo la dice lunga.)

B) Sto lavorando ad un secondo film e non vedo l'ora di stare di nuovo in lavorazione. Dopo la prima settimana dell'uscita del film, dopo il buon esito di Venezia, ero rimasto male vedendo che poche persone erano andate a vederlo. Prima del festival mi sarebbe parso normale, ma là le cose avevano preso una piega che mi aveva fatto sperare in meglio.
Sentivo addosso un sacco di responsabilità per questo fatto. Nel cinema non sei solo, hai una squadra, una produzione, aspettative addosso. Ho sofferto assai. Poi mi sono detto che mi ero talmente divertito a farlo, il cinema, che mi sarebbe piaciuto riprovarci, con maggiore esperienza e consapevolezza.
Il mio produttore mi ha anticipato con la richiesta.
Sto scrivendo.

C) Ho scovato una polemica per delle cose dette da Giacomo Monti. Al di là delle cose dette, la reazione polemica è stata la stessa di sempre. Una corporazione offesa. Una cosa triste. Per due cazzo di frasi dette da uno al quale girano, evidentemente, i coglioni. Serenità, ci vorrebbe, invece trovo sempre inutilità e veleno e ne ho le palle piene.

D) Il veleno e l'inutilità sono i motivi per cui (di nuovo) ho provato a chiudere FB. Spero che resti così.
Non ho tolto l'amicizia a nessuno (mi sono arrivate lettere a riguardo) ho chiuso l'account.

luglio 17, 2011

Dies Romana

Non uso più il 3570. I tassisti del 3570 hanno spesso simboli del duce come portachiavi. In voga il mini manganello con su il profilo del duce in tre quarti e qualche scritta mezza cancellata dal sudore delle dita.
Ho trovato una cooperativa di tassisti buoni. Vanno più piano, ci vuole maggiore pazienza, quando si chiamano, perchè sono pochi. Solo trecentocinquanta.
Però, per dire, quanti cazzo di taxi sto prendendo in questi giorni, ieri due di questi tassisti mi hanno riconosciuto e salutato per nome. Mi hanno chiesto come andava il lavoro. Uno sapeva pure dove portarmi. Mi ha parlato dei prezzi di affitto dei Camper. Vorrebbe affittare un Camper. Io gli ho detto che vorrei andare a Montecitorio con un forcone.

Il film va avanti. E' partito il dvd per una eventuale partecipazione al festival di Venezia. Abbiamo tutti le dita abbastanza incrociate. Fosse solo per tutte le persone che in questi mesi ci hanno lavorato, senza risparmiarsi mai.

Quando non sono in taxi, cammino. Sempre con la musica nelle orecchie. Era da quando me ne stavo a Parigi che non passeggiavo con la colonna sonora. Mi ero scordato quanto mi piacesse.
L'importante è mettere i pezzi in riproduzione casuale. Anche se a volte l'iphono mi spara nelle recchie degli appunti vocali che ho preso non so quando e dei quali non capisco mai il senso.
Eppure quando li ho registrati dovevo essere sicuro che ne avessero uno. Uno importante, tanto da non poter essere dimenticato. tanto da fare una cosa idiota come registrare un appunto vocale. Manco fossi il detective di Twin Peaks.

La notte lavoro alle musiche. Dormo poco ma succedono cose molto emozionanti. Anche se spesso, quando succedono, faccio fatica a tenere gli occhi aperti. Per fortuna le orecchie non si possono chiudere.

Al parco dove vado a prendere il sole sono arrivati i vigili di Alemannus. Mi hanno fatto rimettere la maglietta. Ho pensato che lo avessero fatto perchè sono brutto. Non ho osato ribattere. Poi ho visto che hanno fatto rivestire tutti quanti. Anche due ragazze in bikini che prendevano il sole vicino a me e che brutte non erano.

Ho raccontato la cosa ad un tassista del 3570 (ancora li frequentavo) e lui ha dato ragione ai vigili. Perchè le donne brutte non dovrebbero scoprirsi. Gli ho detto che quelle ragazze non erano brutte. Che ero io quello brutto. Gli ho chiesto anche chi avrebbe dovuto decidere chi è brutto e chi no. Non mi ricordo cosa ha risposto. Ero preso dal dondolare del portachiavi con la testa del duce.

Sono stato a Radio 24 a registrare una trasmissione radio finta per la prima scena del film. Era un mio sogno. una trasmissione radio finta con Giuseppe Cruciani. Per tutti gli anni in cui lavoravo ai fumetti lo facevo con la sua voce nelle orecchie. E' stato incredibilmente bravo e brillante. Così come i finti ascoltatori che avevo reclutato.
la trasmissione è durata 20 minuti e non ho mai smesso di ridere. Purtroppo nel film ne ho potuto montare solo 4 minuti. Ma la versione integrale la metterò nei contenuti speciali del dvd.

C'è una signora rumena alla quale do delle cose da lavare. Vive in una baracca senza luce, con tre bambini. Fa l'elemosina vicino alla Fandango. Tutti i giorni le davo dei soldi, quando andavo a mangiare con il mio nuovo fratello Clelio il montatore.
Ho pensato che sarebbe stato meno umiliante per lei fare dei lavoretti, così le ho consegnato una valigia con tutte le mie camicie.
Per un momento ho pensato che avrei visto un gruppo di rom in giro per Roma vestiti benissimo e non l'avrei più rivista. Ma l'ho pensato solo per un momento. Razzista per un momento.

Le camicie sono tornate. Non stirate, ma profumate da un sapone buonissimo. Ieri le ho dato i pantaloni da ricucire. Ho dimenticato di andare all'appuntamento per riprenderli e al telefono ho cercato di chiederle scusa, ma era difficile perchè lei parla tre parole di italiano e con quelle tre cercava lei di chiedere scusa a me.
Oggi devo incontrarla per darle il resto della paga.
Poi dovrò inventarmi altro.
Se la incontrate, all'incrocio tra Via Appennini e Viale Gorizia, siate gentili. Non fate come quel figlio di puttana del tabaccaio più avanti.
Lei si chiama Lucrezia.

luglio 10, 2011

Il film, il nome

Ho cenato con un amico autore di fumetti molto intelligente e famoso. 
Mi ha espresso le sue perplessità sulla scelta di firmare il film con il mio nome (quasi) vero. 
Non conoscendo le motivazioni della scelta aveva pensato ad uno sguardo di superiorità verso il mondo del fumetto ed il nome che ho usato fino ad ora per le storie. 
Comprensibile. 
Però, a scanso di equivoci, e sempre ammesso che a qualcuno possa importare, il motivo per il quale ho scelto di usare il mio nome (quasi) vero è che fu mio padre a regalarmi la prima super 8 e la prima centralina di montaggio, di quelle con la taglierina e lo scotch. Ero piccolo. 
Pacinotti è il nome suo e credo che a lui farà piacere, dal posto in prima fila che si è conquistato, vedere il suo nome (che poi è per caso pure il mio) sullo schermo del cinema. 
Questo è il motivo. Ai fumetti voglio bene adesso quanto ne volevo prima. Forse ne farò ancora. 
Forse no. Ma lo stesso vale per i film e per la ginnastica.

Nota:
Il teaser che vedete qui sopra non è un vero teaser. E' stato confezionato quando ero alla metà del montaggio. Mancava ancora tutto. Va detto.

giugno 12, 2011

Come i treni nella notte

In teoria il montaggio doveva svolgersi in una stanza buia con me e il montatore in preda all'angoscia. Così me lo avevano anticipato.
In pratica, alla Fandango ci hanno dato una stanza senza porta, teniamo le finestre aperte, c'è spazio, luce, persone che passano e vengono a salutare.
Io e Clelio, il montatore, ridiamo molto e volentieri.
Devo dire che il film è spesso buffo (almeno secondo la mia idea di "buffo") e questo aiuta.

Ma è lungo.

Alla fine delle riprese avevo il terrore di non avere abbastanza materiale.
Ne ho troppo. Siamo a più di centodieci minuti e dobbiamo ancora montare delle scene.
Da martedì iniziamo a tagliare il tagliabile.
Da un lato la cosa mi preoccupa, dall'altro sento una voglia frizzantina di assassinare roba sulla quale ci siamo fatti un culo spaziale. Strano.

Il fatto è che mi sembra sempre giusto togliere. Condannare a morte una sequenza solo perchè un pochino lenta. Perchè non racconta il necessario e si perde in fronzoli.
Muori scena inutile!. 
Al di là della fatica messa per realizzarla.

Era una cosa che mi succedeva anche con i fumetti. Ricordo che in LMVDM avevo disegnato dodici pagine di racconto di galera. Disegnate proprio, non immaginate. Fu una gioia buttarle.
Vallo a capire.

Vicino al residence romano dove abito c'è una piazzetta rotonda molto bella, con un ristorante di pezzi di merda fascisti truffatori molto carino e un bar dove faccio colazione.
A quel bar, ad un tavolino, dopo mesi, ho disegnato qualcosa.
Non è niente di che ma è stato come ritrovare un amico che non vedi da tanto.
Tra l'altro, manca poco che neppure lo riconosco, perchè non avevo gli occhiali da vista e ho disegnato con i rayban.

Al di fuori del cinema, intanto, tutto va a rotoli.
Ma è normale, perchè i film battono l'esistenza sessanta a zero a tavolino.
Come diceva il Maestro: "I film vanno avanti come i treni, capisci?. Come i treni nella notte." 


A proposito di treni. Ieri, in treno, appunto, ho scritto le prime dieci pagine di quello che mi piacerebbe, se non tiro le cuoia prima, essere il mio secondo film.
Vedremo.

maggio 29, 2011

With a little help from my friends

Le riprese de "L'ultimo terrestre" sono terminate. 
Poi racconterò. Ora riposo. 
Intanto, un grazie senza fine a tutti gli amici.
La foto, come sempre, è di Chico.

maggio 22, 2011

10 cose


01- Tutti i miei vestiti odorano di allevamento di maiali.
02- Un bove di varie tonnellate ha cercato di assassinare una nostra attrice. Lei non se n'è accorta. La macchina da presa si.
03- Per tre giorni il catering ci ha portato solo schiacciatine degli anni settanta e tramezzini con le fette imbarcate. Ora tutti noi li odiamo. Hanno una settimana per recuperare il nostro affetto.
04- Abbiamo girato una rissa con crimine finale tutto in piano sequenza. Il mio operatore mi ha detto una cosa che non dimenticherò mai.
05- Ho avuto l'onore di premere un tasto del sintetizzatore (il sol) mentre un grande pianista ci improvvisava sopra.
06- Ho un debole per il 25.
07- Temo la fine delle riprese tanto quanto la desidero.
08- Ho cambiato il finale la notte prima di girarlo. Ora ho gli incubi.
09- La fatica e le sigarette mi hanno trasformato in una specie di Capo Giuseppe.
10- I soldi sono tutto.

p.s.
La foto qui sopra è, come di consueto, di Chico De Luigi.

maggio 16, 2011

Siamo alla quinta



Inizia stanotte la quinta settimana di riprese.
Nella quarta la stanchezza si è fatta sentire, silenziosa e invisibile, come usa fare.
(Spiegazione tra parentesi: non ti rendi conto di essere stanco morto e nervosissimo e ti incazzi per niente, convinto che suddetta incazzatura sia assolutamente legittima e motivata. Vedi le cose in nero e ti convinci di portare a casa solo materiale di merda. Non solo, pensi pure che ogni frase necessiti di una spiegazione tra parentesi.)

Nei fatti, invece, gli attori protagonisti mi hanno fatto venire le lacrime più di una volta.
Ma gli attori sono umani anche loro e sono insicuri e vogliono che tu li rassicuri che stanno facendo bene e tu sei stanco e tra parentesi (vedi sopra) e non ci riesci. Non come sarebbe necessario fare.
Poi:
Mi sembra di essere a girare da mesi. Penso a quando sarà finita e quanto mi mancheranno tutti.
Guardo le foto del set e ho già nostalgia e questo è assurdo perchè stanotte, e per una settimana di fila, saremo a girare roba tosta, tutta in notturna dalle 20 alle quattro del mattino.
E poi ci sarà l'ultima settimana che sarà difficile ma entusiasmante pure, per le scene che dobbiamo fare.
Alla fine di tutto ci saranno due mesi di montaggio. Gli effetti digitali da seguire. Le musiche. Il missaggio.
Un giorno il film sarà completo. Confezionato. Avrà titoli di testa e di coda. Al momento mi sembra che questo accadrà tra mille anni, ma so che quando quel momento arriverà avrò la sensazione opposta, che tutto sia durato un attimo. Lo so per esperienza, perchè sensazioni simili, anche se in scala ridotta, le ho già provate facendo i libri a fumetti.

Ultimo lamento:
Mi vedo nelle foto di scena e mi sembra di essere un fantasma di 13 chili. Invecchiato di dieci anni in due mesi.
Consolazioni:
1) Il mio fratello Massimo Colella è stato una settimana sul set. Un amico. Un grande aiuto pure. Ha scattato delle foto. Alcune le trovate qui.

2) Guardo i premontaggi e mi sorprendo che le cose siano guardabili. C'è una storia, la si segue. Si ride pure.
Miracolo.


maggio 06, 2011

Sciopero

Oggi è sciopero. La troupe è ferma. Io mi riposo e mi guardo il girato di queste settimane. Faccio esperimenti con le musiche.
Con il protagonista abbiamo girato una delle scene più dure di tutto il film. Eravamo solo io e lui. Io sdraiato sotto i sedili dell'auto. Lui alla guida.
Siamo scesi che piangevamo entrambi.
Strano mestiere questo.
Giacomo Monti, l'autore del libro "Nessuno mi farà del male" dal quale questa storia ha preso inizio, è venuto sul set. Ha visto il girato. Era contento.
Questa è una foto che gli ho fatto io.

maggio 01, 2011

Seconda settimana


Il film dovrà essere girato in sei settimane. Questo significa correre sempre. Correre sempre è difficile e faticoso.
Detto questo, con queste condizioni, abbiamo finito la seconda settimana di riprese e le cose sono andate bene. Alla fine io ero particolarmente stanco e nervoso, ma ero l'unico probabilmente, ed il film non penso che se ne sia accorto.
Poi ho dormito e, per dire, mi sono svegliato da poco. Insomma, alle 18 di sera.
Tra le altre cose abbiamo girato in una discoteca, con tante comparse e la musica a palla, e ci siamo divertiti assai.
Lavorare sulle scene con tante comparse è difficile ma molto divertente. Per capire cosa significa e quale emozione possa esserci nel dare vita ad una situazione artificiale, ma generata da persone che artificiali non sono affatto, consiglio la visione dell'inizio di Effetto notte, di Truffaut, che l'ha raccontato con maggior grazia di quanto potrei fare io.

Domani mattina abbiamo altre scene difficili. Tra queste una di nudo che spero di riuscire a portare a termine senza che nessuno provi disagio. Dovrò inventare qualcosa. L'atmosfera dovrà essere ancora più dolce e educata. Credo che sia giusto fare così. Vedremo.

Intanto Chico De Luigi ha fatto altre foto.

aprile 25, 2011

La parola è grazie















Come chiunque che non avesse mai messo piede su un set cinematografico, pure io mi ero fatto un'idea di fantasia.
Nella mia idea di fantasia c'era un aiuto regista urlante che faceva muovere comparse a schiocco di frusta e grida.
C'era anche un sacco di noia, nella mia fantasia, tra una ripresa e l'altra.
E poi c'erano dinamiche di potere e scontri e esseri burberi che spostavano macchinari, grugnendo.

Niente di tutto questo.
Ogni richiesta viene espressa con la massima gentilezza. Ciack in campo per favore. Eccolo. Grazie. Grazie a voi.
Per favore, l'attore, un piccolo movimento sulla destra. Ecco. Grazie, perfetto. Grazie. Grazie a te.
Potrei avere un 5000 su quel palazzo per favore, grazie. Arriva subito. Perfetto. grazie. Grazie a voi.
E' una danza di cortesia.
E' una cortesia formale ma che, nella fatica e nelle corse contro il tempo, diviene condizione sostanziale per lavorare bene.
Questi grazie vengono pronunciati da ogni membro di tutti i reparti verso ogni altro. Dall'incarico più complicato al più semplice, tutto viene iniziato da un per favore e si conclude con un paio di "grazie" reciproci.
Non so se sia sempre così. posso parlare di quest'unica condizione, essendo l'unica che conosco, ma per me è stata una piacevole sorpresa.
Si lavora molto bene così.
Grazie.

aprile 23, 2011

Prima settimana

E' andata.
La prima settimana di riprese è finita. Ci sono stati giorni nei quali abbiamo risolto alcune scene negli ultimi minuti, con una corsa contro il tempo che ha testato in profondità il mio sistema cardiocircolatorio.
Altri giorni che somigliavano ad una festa.
La squadra è sempre più in forma. L'affetto, da parte mia, nei loro confronti, cresce ogni giorno.
In questi sei giorni di lavoro oltre ad avere accumulato 32 ore di sonno arretrato,  ho provato una quantità di emozioni che non credevo potessero scaturire in corpo umano (non nel mio, almeno).

E ora basta sdolcinamenti. Andiamo con un piccolo quiz:
Qual'è, secondo voi, la parola più usata su un set cinematografico (almeno su quello dove sto lavorando io)?

Vediamo chi vince.
Intanto, senza misteri, posso svelare che quello felice, nella foto qui sotto, sono io.
La fotografia è di Massimo Colella.

aprile 21, 2011

Poi

Poi racconterò di come abbia trovato una casa. Di come il set sia il posto migliore del mondo e della squadra di persone incredibili che lavorano con me.
Intanto il blog del nostro fotografo di scena, Chico De Luigi.

aprile 10, 2011

Sei settimane

Oggi è domenica. Dopo settimane di tre o quattro ore di sonno per notte finalmente ho dormito. Ieri pomeriggio alle diciotto sono tornato a casa, ho preso un quarto di pizza, un bicchiere di spuma. Dopo aver mangiato, come Forrest Gump, ho detto: "sono un po' stanchino. Mi stendo un minuto".
Mi sono svegliato sedici ore dopo, ancora vestito, con gli occhiali al collo.

In queste ultime settimane di preparazione del film ho dovuto prendere decine di decisioni. Tutte difficili. Alcune irrevocabili. Altre dolorose.
Ho trascurato la salute, la mia famiglia e gli amici. Avevo una questione importante da aggiustare e non ho trovato un minuto di lucidità per farlo.

Ma qui finisce il lamento.
Una mattina ho fatto un provino ad un cane. Una bellissima bestia ammaestrata che sapeva eseguire più di 160 comandi. Molti di questi erano impartiti dal suo addestratore solo con lo sguardo.
Ho accarezzato un lupo. Un lupo dell' appennino, non un cane lupo. Una femmina, bellissima e dolce, che scodinzolava quando le grattavo il collo.
Accanto a me c'erano due trans che avevano fatto dei provini.
Ho incontrato attori e registi che sognavo di conoscere. Con alcuni sono anche andato d'accordo. Ho sviluppato una affezione quasi commovente per tutti gli attori che ho provinato. Li ho visti arrivare facendosi ore di viaggio, dare il meglio di se e ripartire. E' stata una gioia trovare gli interpreti adatti. Una cosa triste ogni diniego.
Mi sono preso pure del disumano e ho capito che queste cose succedono.

Mi sono trovato a fine giornata al tavolo con tutti i capo squadra. Tutti stanchi morti. Loro tutti lontani dalle famiglie, dai bambini che portano in foto sul cellulare, solo per lavorare al film. Ho sviluppato un rispetto assoluto per tutti quelli che stanno lavorando con me e grazie a loro ho quasi sconfitto la paura di non fare un buon lavoro.

La preparazione di un film è qualcosa che meriterebbe un libro a se, tante sono le cose che accadono. Penso che nei backstage dei film si dovrebbe raccontare questo.

E adesso inizia l'ultima settimana prima delle riprese. Alcune cose non sono ancora andate a posto e mi chiedo come potranno aggiustarsi prima dell'inizio della lavorazione. Mi tranquillizzo vedendo, nelle espressioni delle persone che lavorano con me, che questo, comunque, accadrà.

Da lunedì prossimo ci saranno sei settimane di riprese. Aspetto con terrore e desiderio quel primo momento in cui si sentirà la pellicola che inizia a scorrere. Spero di rimanere calmo. Condurre la barca (mentre affonda) senza perdere la testa. Fare del mio meglio.
Ci risentiamo tra sei settimane.

marzo 28, 2011

The party



Mentre mi trastullo con il cinema Nanni lavora. Questo è l'ultimo figliolo nato.

marzo 27, 2011

Un attimino

C'è un salotto con un tavolo dove sta cenando un gruppo di raffinati di sinistra.
Si spalanca una porta. Entra uno sconosciuto con un passamontagna che mette un ordigno sul tavolo.
E' una bomba a tempo, lo si capisce dal timer che porta numeri rossi.

"Tra un attimino questa bomba esploderà!". Grida il passamontagna.

"Tra un attimino?" Ripetono i presenti.
"Un attimino?!". "Ha detto un attimino?"
Vogliono sincerarsene.
Santo cielo, ha detto veramente un attimino?
Si.
Ridono.
Bum.

marzo 18, 2011

la mia bandiera


Noi quella notte eravamo finiti in Versilia. 
Al margine meridionale della Versilia in verità,  perché quel tratto di costa, per noi, aveva confini ulteriori e mai ci saremmo avventurati nella Versilia alta, nella Forte dei marmi dei ricchi, per esempio.
Ci fermavamo prima, a Torre del lago.
Avevamo ballato e bevuto e fumato e fatto cazzate a non finire nella discoteca vicino al mare prima e sulla spiaggia, con il rumore delle onde nel buio, poi.

Al ritorno, andando verso Pisa, in quel periodo, chiunque tornasse dalle feste del litorale si fermava a farsi cappuccio e cornetto ad un bar che si chiamava Bar Notturno, e noi non eravamo certo dotati di un carattere tale da fare eccezione.  
Il Notturno stava aperto tutta la notte e verso le tre, le quattro del mattino, c'erano transessuali e delinquenti e ubriachi fuoriusciti, magari incazzati neri, da qualche discoteca, di quelli che se li guardavi ti ritrovavi a litigare e fare a schiaffi in un secondo.

Noi entrammo e di quell'entrata, ad essere sincero, non ricordo nulla. 
Poi c'era un televisore acceso e Ale "il nasuto"  (lui lo ricordo) si ritrova (appunto) con il naso in su a fissare immagini in bianco e nero di una roba fumante.
Io e gli altri ridiamo e abbiamo la schiuma del cappuccio sulle labbra e le brioche che, appena fatte, sono la cosa più buona del mondo. 
Fa calduccio e si sta bene nel bar, mentre fuori s'appresta all'arrivo il babbo natale con le sue renne gelide.
Per quanto mi riguarda, non mi distinguo dagli amici ne per la condizione alcolica ne per l'amore per il cappuccino e la sua schiuma, presente anche sul mio labbro superiore a fare un baffo bianco. E non mi distinguo neppure nel guardare allo schermo del televisore, adesso, dove sono arrivato seguendo il profilo del nasuto, su, fino agli occhi e all'arcata delle sopracciglia, sorprendendomi per la loro inclinazione inusuale a fare la forma tipica delle sopracciglia di chi si sia improvvisamente fatto triste.

Perché è triste il nasuto in questa notte di riparo dal gelo, con il cornetto tanto buono che lui stesso (ora ricordo) in seguito volle dedicargli addirittura una canzone chitarra e voce? 
Perché è triste lui, mosso da quella muscolare gioia di vivere che non gli permette momenti di melanconia o di sofferenza per la disgrazia altrui? Cosa succede? 
Dalla fronte del nasuto vado a mettere gli occhi sulla trasmissione della RAI. 
C'è un treno che fuma. Non un treno a vapore, non fraintendete. Non è il locomotore a fumare. E' un vagone.
Ora mi viene a mente che già una volta avevo visto un vagone fumare. Ero bambino allora e mi aveva fatto tanta impressione. Mi aveva fatto impressione anche il nome del treno che portava quel vagone, lo avevo sentito pronunciare tante volte, era diventato quasi un modo di dire, quasi uno stile: "Italicus".
Ricordo anche che anni dopo  dalla ferrovia lo vidi dal vero quel vagone abbandonato. Stava sui binari, non vorrei dire cazzate, non ricordo con precisione, ma sulla ferrovia tra Firenze e Bologna mi sembra. Da qualche parte, dopo Prato, verso i paesi di Benigni, credo. Lui dovrebbe ricordarlo.

C'era questo relitto di vagone con le costole di fuori, tetto squarciato. Nero di bruciato e ruggine sopraggiunta poi. Ci stette per anni e più volte lo vidi. Un giorno, non ci fu più. C'era il suo binario morto, senza niente sopra.

Siamo al bar Notturno di Torre del lago. Notte vicinissima al natale.
C'è questa trasmissione che parla di un treno che è scoppiato. Saltato in aria, bomba, chiaro, in un tunnel. Dice la televisione che il danno è stato ancora maggiore proprio perché l'esplosione è avvenuta in una galleria. Ricordo di aver pensato che dovevano averlo fatto apposta. 
Qualcuno dice: "vai, un'altra". E tutti pensiamo alla stazione di Bologna. Io aggiungo ai pensieri la storia a fumetti che Andrea Pazienza ha fatto, per quella stazione. 
Quella storia, nella prima parte almeno, ci somiglia un po': Un mezzo tossico preso da questioni di spaccio e consegne e ritiri e soldi che si alambicca il cervello per trovare il modo di fare la giornata e pensa a come e quando e chi, e lo fa alla stazione di Bologna,  alle dieci e qualcosa del due agosto del millenovecentottanta e salta in aria, lasciando i suoi problemi a metà di un balloon.

Negli anni a venire, tutte le volte che sono passato da Bologna, con il treno, ho sempre avuto in mente la frase "Bomba alla stazione di Bologna". Queste parole le sentivo come se qualcuno me le sussurrasse all'orecchio. 
Arrivavo con il treno, fischiavano le ganasce dei freni sulle ruote di ferro originale ed io guardavo al finestrino le pensiline, le persone in attesa di salire ed ecco: siamo a "bomba alla stazione di Bologna". Mi si è cambiato il nome del posto, proprio. 

L'ultima volta che sono passato da quella stazione, un anno fa, stavo andando ad incontrare il produttore del mio futuro primo film. Pensate voi quanti pensieri potevo avere per le bombe di trent'anni prima, eppure mi sono girato, ho cercato (gli occhi l'hanno cercato, sopratutto, come avrebbero fatto per un vizio o un tic) il vecchio orologio fermo alle dieci e qualcosa ed ho sentito la solita frase: sono arrivato a "bomba alla stazione di Bologna".
Poi sono entrato in un hotel con cinque stelle.

Quella notte di tanti anni prima, con i nostri baffi bianchi, uscendo di nuovo nel freddo del 23 dicembre del 1984, stringendoci nei giubbotti per farci più fini al vento ghiaccio dell'alba, parlammo di quanto si doveva essere merde per mettere una bomba in un treno di pendolari, di notte, gente che torna a casa propria, in Italia, dalla Germania, proprio sotto natale.

Credo che a quel punto qualcuno abbia acceso una sigaretta ed abbia detto una frase come "siamo in Italia" e poi, probabilmente, venne fatta una lista cinica e in quella lista c'erano treni e piazze e stazioni, pure un aereo. Credo che a quel punto (vado ad ipotesi di memoria) ci sia presa una rabbia inesprimibile, senza destinatario, una rabbia che trovava spazio e si perdeva tra le righe di pagine di verbali e assoluzioni di mandanti e rimandi e spese processuali a carico dei familiari delle vittime. 
Erano gli anni ottanta. Le cose esplodevano, la gente moriva. 
Io sono cresciuto allora. Forse è per questo che, per quanto mi piacerebbe (Dio solo sa quanto mi piacerebbe) non riesco a fare pace, e festa, con la mia bandiera. 

marzo 05, 2011

Voglio comprarmi una persona

Nanni e io. Again.
Lui all'animazione e io al sonoro come si suole.
Anche stavolta ognuno ha fatto quello che voleva all'insaputa dell'altro. Anche stavolta Giacomo mi ha sorpreso e fatto felice.

febbraio 21, 2011

Per Internazionale

Leggo diversi giornali. Di carta, o sul web.
Da molti di questi traggo forti dolori al fianco.
Con altri mi perdo, sopratutto quelli online, spippolando tra notiziucole delle quali mi importa poco o nulla e delle quali, ho spesso l'impressione,  importi poco o nulla ai redattori stessi.

Leggendo Internazionale invece imparo sempre qualcosa.
John Berger, per dire, l'ho conosciuto là.
Che sarebbe come dire: Gesù Cristo, l'ho incontrato in quel bar.
Insomma, quel bar diventa luogo sacro.
Questo per dire che se anche ultimamente riesco a disegnare poco o niente, che il film si sta portando via il mio sistema nervoso (me lo restituirà, poi?) quando mi chiamano da Internazionale per chiedermi dei disegni, dico sempre di si. Quasi sempre di si.



Per l' ultimo numero ho fatto un Berlusconi al posto suo e due disegni su un articolo che parlava del Kamasutra.
Sono quelli che accompagnano questa dichiarazione d'amor.

febbraio 12, 2011

Se

















Se fossero stati poveri.
Se invece di champagne fosse scorso Tavernello, uscito dalla bocca dell'erogatore in plastica (e senti, erogatore, come suona, pensalo al gusto di bicchiere di plastica ed accostalo poi ad un "flute").
Se si fosse arrivati alla villa (no, non alla villa, alla roulotte) con l' Apecar invece che con l'audi otto clima, 22 gradi, gran sedile morbidone, vetri nero fumo.

Se i tre vecchi si fossero comprati Cialis e Viagra con le collette alla stazione e con le insistenze dei semafori rossi, piuttosto che con i proventi degli affari del Mibtel. Se le ragazze, avessero messo piede su un tappetaccio trovato in discarica (e ripulito, certo) e avessero dovuto trovar posto tra un frigo da campeggio e un tavolino di roulotte in formica marrone (non scivolando, piedi di loto, tra i saloni, scusi dove posso trovare il presidente? Di là. Grazie. Un sorriso.)

Se alla voce, alla canzone, fosse stata, non un' Apicella, ma una matrigna con pezzola  secca secca per fame e non per dieta dissociata e la sua bocca, alla prima "A" della canzone, apertasi, avesse rivelato numero sei denti d'oro più due in totale di otto, dei quali sei d'oro (appunto) e due di nascita, e se le ragazze di diciassette anni, quasi diciotto fossero state non brasiliane, quindi quasi negre, insomma, d'altro mondo (fino a poco tempo prima ancora sottosviluppato e quindi, nella mente di chi si misura in conto in banca ancora, a tutti gli effetti, terzo mondo sottosviluppato) e quindi, insomma, negre, quasi negre. Va bene, quasi, lo concedo, se fossero state invece italiane, della città natale, proprio bianche come il latte scremato uht pastorizzato.

E se i tre vecchi, con i loro cazzi scuri (non chiari come quelli che si trovano a volte in occidente, peni chiari) se i tre vecchi si fossero presi per proprio diletto in mano le natiche e le vulve delle giovani italianissime chiarissime e si fossero appartati poi, dopo averle fatte ballare, al ritmo dei chitarri e strusciatisi fino al punto di dire basta strusciarcisi, vieni con me.

E se in cambio di questi accoppiamenti tra vecchi neri e bianche fragranti italianine, le femmine in erba si fossero aggiudicate che so, lezioni di chitarra Gipsy o cucina macedone.
Se fosse stato questo il loro sogno, delle ragazze dico, imparare la cucina macedone o montenegrina e saperla accompagnare con il conseguente giro di chitarra.

Se fosse stato quello il loro sogno, invece che diventare soubrette veline ballerine attrici. Che ognuno infine c'ha i suoi gusti e chi l'ha detto che vada bene farsi passare degli sconosciuti tra le gambe ai fini di successo nel mondo infame dello spettacolo e non lo sia per apprendere ogni segreto del Pindzhur (che è un antipasto composto da pomodori e peperoni e melanzane fritti o cotti al forno molto apprezzato in Macedonia).

Ecco, se la situazione fosse stata questa: delle giovani italiane, che desiderose di accedere agli impenetrabili segreti della cucina macedone, per ottenere ciò fossero andate a farsi trombare (scusate il parolone) da tre rom quasi ottantenni, ecco, dico, se fosse stata questa la situazione, quale sarebbe stata, lo chiedo a voi, sostenitori della libertà individuale misurabile solo ed esclusivamente in disponibilità economica. Lo chiedo a voi, quale sarebbe stata infine, vedendo traballar quella roulotte, di notte, luce giallognola attraverso la plastica delle finestre e voce di secca secca cantante che si sparge per il campo intorno. Quale sarebbe stata, chiedo, la vostra reazione?

febbraio 11, 2011

Ricompensati

Sono un ammiratore del lavoro di Giacomo Nanni.
Da sempre credo, dalla prima volta che lo incontrai, a Ravenna, che aveva delle pagine di una storia in mano, una roba mai vista.
Oltre ai fumetti Giacomo ha cominciato, non da molto, ad aggiungere delle animazioni alle bellissime storie che pubblica su Ilpost.

Non mi ricordo chi ha avuto l'idea di fare una cosa insieme. probabilmente entrambi. Probabilmente qualcuno lo ha proposto per primo, ma davvero non ricordo chi.

Una mattina, verso le cinque, mi sono svegliato di colpo con delle parole in testa. Le ho scritte, pronunciate e messe in  micromusica e le ho mandate a Giacomo.
Lui avrebbe fatto un'animazione su quelle parole e quella musica.

C'era un accordo non scritto e non detto, credo, che doveva suonare più o meno così: io scrivo cosa mi pare, ci faccio il suono che mi pare e tu ci fai il disegno e l'animazione come ti pare e nessuno dei due dirà niente all'altro.

E' andata così.

Da quel giorno, settimane fa, ci siamo sentiti solo una volta.
Oggi mi è arrivata l'animazione completa.
Si intitola "Ricompensati", con l'accento nel punto giusto per intendere "due che saranno ricompensati".
Ne faremo altre.

gennaio 18, 2011

Da 2:50

Il film è "La notte di San Lorenzo" dei fratelli Taviani.
Per me è un capolavoro e questa scena qui, a partire dal minuto 2:50 non è dimenticabile.
La pietà, come si deve.

Comunicato

Si avvisano tutte le persone presenti nel video qui collegato che la lavorazione per lo speciale girone dell'Inferno (maiuscolo, in grassetto) a Voi destinato, è quasi terminata.
Coinciderà, salvo imprevisti, con la vostra morte naturale.
Distinti saluti.
La direzione.