febbraio 11, 2006

Traduction

A partir de maintenant certaines de ces pages seront également disponibles en français, grâce à la gentillesse d'un nouvel ami, un lecteur belge francophone : Paul Sintzoff.
Les versions traduites seront ajoutées sous les articles écrits en italien.
Remerciez Paul.

febbraio 10, 2006

Mostra

Quaranta tra tavole e disegni saranno in mostra (e in vendita), alla galleria Bfb di Parigi (4, Rue Dante) fino al 18 febbraio.
Ci sono tavole originali di "Appunti per una storia di guerra", "Questa è la stanza" e numerosi acquarelli inediti.
Buona visione.

Exposition
Quarante planches et dessins seront exposés (et mis en vente) à la galerie Bfb de Paris (4, Rue Dante) jusqu'au 18 février. Il y a des planches originales de "Notes pour une histoire de guerre", "Lelocal" et beaucoup d'aquarelles inédites. Bonne visite.

Sono contento

Sette giorni di terrore.
Con Lucia cerchiamo di non pensarci, ma niente da fare.
Aereo.
Disastro aereo.
Corpi tra i rottami.
I nostri ultimi giorni.
Abbiamo paura dell'aereo.
Tra una settimana dovremo imbarcarci e volare a Parigi.
Volare è' una cosa normale. Lo è per moltissimi.
Noi abbiamo paura.

Quando avevo diciannove anni presi un aereo. Da Milano volai ad Amsterdam e da lì, con un grosso jumbo panciuto, arrivai in Siria. Passai un paio d'ore in un'aereoporto pieno di uomini baffuti con AK47 a tracolla e mi imbarcai nuovamente. Atterrai in mezzo a un grande palmeto. L'aereoporto di Colombo, in Sri Lanka.
Ero giovanissimo.

Al ritorno, dopo un mese, l'aereo fece un atterraggio imprevisto (ora mi vien da dire "di emergenza" ma forse sto romanzando il ricordo) a Karachi, Pakistan.
Atterrammo senza preavviso, dopo essere stati svegliati, alle quattro del mattino, da un filmato con una Ferrari inquadrata di poppa, che correva su una strada costiera. Una musichetta accompagnava l'andare.
Ricordo (ma sono fedeli questi ricordi?) che cominciammo a scendere rapidamente e l'aereo sobbalzava ed io pensai (ma lo pensai?) che stavo su un autobus. Quante buche che ci sono, in questa strada, pensai.
Forse.

Da Karachi montai su un dc9 che mi riportò a Roma. Un viaggio lunghissimo in un aereo troppo piccolo. Le mie sorelle si sentirono male per il cibo avariato. Vomitarono negli appositi sacchettini. Le hostess avevano i baffi neri.

Poi sono trascorsi gli anni e questi anni, oltre che a disegnare storie, li ho passati a coltivare paure e indebolirmi lo spirito.

Manca solo un'ora al decollo. Siamo in attesa, all'aereoporto di Pisa. Ogni frase che diciamo ci fa ridere in modo sinistro. TUTTO è ultimo. L'ultimo post su bacidallaprovincia, con noi due che gridiamo in aereo. Il premio Goscinny, mai ritirato perchè defunto nello schianto. Ogni frase che diciamo sembra la frase giusta da dire prima di morire. Ridiamo, è vero, ma abbiamo paura.

E poi l'aereo si alza e la velocità da i brividi e dal finestrino si può vedere, adesso, un cucito di luci arancio che si sfumano tra strati di nuvole sottili. Queste luci sono le città delle persone. Formano disegni che sono segni, costellazioni. Le linee delle strade, segnate dai punti gialli dei lampioni sono disposte con grazia. C'è la costa sotto di noi e qui le luci si specchiano nell'acqua e il mare è così nero che sembra un secondo cielo notturno e sull'acqua ci sono navi illuminate e il litorale si disegna con una curva morbida, tenerissima.
Mi sciolgo di bellezza, mi scordo la paura e poi ci penso: Non è chiaro a tutti che solo la bellezza può allontanare la paura della morte? Come ho fatto a dimenticarlo?
Mentre mi accorgo di essere contento come un bambino, guardando alla terra distante, penso che si può pure cadere, schiantarsi, far poltiglia tra i rottami. Se questo è il conto da pagare per tanta bellezza che mi entra negli occhi, mi va bene.

Così finisce la storia della mia paura dell'aereo.

Al ritorno da Parigi, dopo una settimana, sono ansioso di ripartire.
All'aereoporto di Orly, mi muovo con il tono di chi conosce i voli notturni. Solo una leggerissima inquietudine mi prende, quando mancano pochi minuti all'imbarco.
E' la maledetta fantasia che si fa viva. Maledetta fantasia. Vedo un bosco alpino. Ci sono, tra gli alberi sbruciacchiati, dei rottami di metallo bianco e argento. Su alcuni di questi si intravedono frammenti di una scritta arancio.

Siamo seduti sulle poltroncine. Aspettiamo che il tempo passi e mi agito un pochino. Vado in bagno. Perfetta toiletta parigina. Faccio pipì sorvegliando il flusso e alzo gli occhi solo ad operazione conclusa. C'è una scritta sulle piastrelle grige della parete altrimenti immacolata del bagno. E' una parola tracciata a pennarello , molto grande. Caratteri maiuscoli. in inglese. Quacuno ha provato a cancellarla ma non è riuscito nello sforzo. O forse, questa scritta è rispuntata proprio ora. Per me.
DEATH dice la parola sul muro. MORTE.
Esco dal bagno. Guardo i miei prossimi compagni di viaggio. Maledetta fantasia maledetta. Hanno tutti, per un momento, un teschio al posto del viso. Le ossa facciali sono esposte. Sono futuri morti.
C'è la nebbia, ina ereoporto e ci sarà durante il volo.
Mi è negato il sollievo della visione struggente del paesaggio: L'aereo è in un nulla lanuginoso che lo fa sobbalzare. Le nuvole sono solide e scuotono tutta la fusoliera. un ragazzo francese, dietro di me, dice mon dieu! Lucia accarezza il suo portafortuna e io mi sento fare Yeah!
Mi sto divertendo. mi piacciono le turbolenze. E chi lo avrebbe detto. Ancora!
Mentre scendiamo l'aereo salta su e giù come fosse un pullman su una strada dissestata (e questo ricordo è fresco non può già esser travisato!).
Mi diverto. La paura non c'è più. Mi si apre il mondo, con le sue rotte intercontinentali.

Sbarchiamo a Pisa. La città è sempre la stessa. Stasera non ci sono taxi. Aspettiamo tanto.
Sono tornato da Angouleme, da Parigi.
In Francia ho vinto due premi importantissimi e mi sono commosso. Per la prima volta ho "sentito" un premio.
E poi sono arrivate tutte le offerte del mondo ed i fotografi e la televisione.
Dopo il premio mi è venuta la febbre. Il mattino dopo la premiazione mi sono svegliato e ho vomitato. Forse l'emozione. Forse per il fatto che il corpo, dopo cinque anni di disegno ininterrotto, ha davvero detto basta; è finita adesso; si fa festa.

Il mondo del fumetto francese mi ha accolto con un affetto che non ho mai avuto. Mentre sono nel letto, in una casina sopra la piazza principale di Angouleme, a smaltire la febbretta, accendo la televisione e mi vedo gobbo e impacciato andare a ritirare il premio. Sto su tutte le reti nazionali. Ci sono speciali alla radio. Sono una stellina oggi.
La mia mamma al telefono mi dice che hanno fatto un trafiletto su "La Nazione". Accanto al paginone che parla dell'ultima fatica di Bobby Solo, c'è una colonnina che racconta che un pisano ha trionfato ad Angouleme.
Sono contento. Dico alla mia mamma, mentre mi legge ad alta voce.

Je suis content
Sept jours de terreur.
Avec Lucia nous essayons de ne pas y penser, mais il n'y a rien à y faire.
L'avion.
La catastrophe aérienne.
Des corps parmi les débris.
Nos derniers jours.
Nous avons peur de l'avion.
Dans une semaine nous devrons embarquer et voler vers paris.
Voler est une chose normale pour tellement de gens.
Nous, nous avons peur.

Quand j'avais 19 ans j'ai pris l'avion.
De Milan à Amsterdam, et de là en
Syrie à bord d'un gros jumbo jet ventru.
J'ai passé quelques heures dans un
aéroport plein d'homme moustachus avec des AK47 en bandoulière et j'ai de nouveau embarqué pour atterrir au milieu d'une grande palmeraie : l'aéroport de Colombo, au Sri Lanka.
J'étais très jeune.

Au retour, un mois après, l'avion a du faire un atterrissage imprévu (maintenant j'ai envie de dire "d'urgence" mais c'est peut-être parce que je romance mes souvenirs) à Karachi, au Pakistan.
Nous avons atterrit sans avertissement, après avoir été réveillés, à quatre heures du matin, par un film avec une Ferrari qui roulait sur une route côtière, vue de l'arrière. Une musique accompagnait sa route.

Je me souviens (mais ces souvenirs sont-ils fidèles ?) que nous commencions à descendre rapidement, l'avion tressautait et je pensais (le pensai-je ?) que j'étais dans un autobus.
Il y a beaucoup de trous dans cette route, je
pensais.
Peut-être.

A Karachi, j'ai embarqué dans un DC9 qui m'a ramené à Rome. Un voyage très très long dans un avion trop petit. Mes soeurs ont été malades à cause de la nourriture avariée. Elles ont vomi dans les sacs prévus à cet effet. Les hôtesses avaient des moustaches noires.

Puis les années se sont écoulées, et à part dessiner des histoires, je les ai passées à cultiver mes peurs et à affaiblir mon esprit.

Dans une heure nous décollerons. Nous attendons, à l'aéroport de Pise.
Chaque
phrase que nous disons nous fait rire jaune. CHAQUE chose est la dernière.
Le
dernier post sur bacidallaprovincia, avec nous deux criant dans l'avion.
Le
prix Goscinny, jamais reçu à cause du décès dans le crash.
Chaque phrase que
nous disons semble la phrase adaptée à dire avant de mourir.
Nous rions,
c'est vrai, mais nous avons peur.

Et puis, l'avion s'envole, la vitesse donne des frissons et par la fenêtre on peut maintenant voir un fil de lumière orange qui se consume à travers les fines couches de nuages.
Ces lumières sont les villes des hommes.
Elles
dessinent des signes, des constellations. Les lignes des routes, signalées par les points jaunes des lampadaires, sont placées gracieusement.
Nous
sommes au-dessus de la côte et les lumières se reflètent dans l'eau et la mer est si noire qu'on direait un second ciel nocturne. Et sur l'eau, il y a des bateaux illuminés et le littoral se dessine avec une courbe souple et tendre.
Je fonds devant tant de beauté, j'oublie la peur et puis j'y pense : n'est-il pas clair que seule la beauté peut faire fuir la peur de la mort ?
Comment
ai-je fait pour l'oublier ?
Pendant que je me rend compte que je suis content comme un enfant, en regardant la terre de loin, je pense que je peux quand même tomber, m'écraser, et mon corps faire une bouillie avec les débris.
Si c'est le prix
à payer pour voir tant de beauté, ça me va.

C'est comme cela que se termine l'histoire de ma peur de l'avion.

Au retour de Paris, après une semaine, je suis anxieux de repartir.
A l'aéroport d'Orly, je me déplace avec l'air de celui qui connaît les vols de nuit. Seule une très légère inquiétude me prend, quand il ne reste que quelques minutes avant l'embarquement.
C'est cette sacrée imagination qui revient.
Maudite imagination.
Je vois une
forêt alpine. Il y a, entre les arbres brûlés, des débris de métal blanc et argenté. Sur certains, on peut deviner des fragments d'une écriture orange.

Nous sommes assis dans des fauteuils. Nous attendons que le temps passe et je m'agite un peu. Je vais à la toilette. Une toilette parisienne parfaite.
Je
pisse en surveillant le flux et je relève les yeux seulement une fois l'opération terminée. Il y a un mot écrit sur les carrelages gris du mur immaculé de la toilette. C'est un mot écrit au marqueur, très grand.
En
majuscules. En anglais.
Quelqu'un a essayé de l'effacer mais n'a pas réussi.

Ou peut-être que ce mot est ressorti juste maintenant. Pour moi.
"DEATH" dit le mot sur le mur.
MORT.

Je sors de la toilette.
Je regarde mes futurs compagnons de voyage.
Maudite
imagination maudite.
Ils ont tous, pour le moment un crâne à la place de la
tête.
Les os des visages sont à l'air libre. Ce sont de futurs morts.

Il y a de la brume à l'aéroport et il y en aura pendant le voyage.
On m'a retiré mon réconfort : la vision poignante du paysage. L'avion est dans un duvet de vide qui le fait tressauter. Les nuages sont solides et secouent tout le fuselage.
Un français, derrière moi, dit "mon dieu !"
Lucia caresse
son porte-bonheur et je me sens faire "Yeah !"
Je m'amuse. Les turbulence me plaisent. Qui l'aurait cru ? Encore ! Alors que nous descendons l'avion saute comme s'il était un bus sur une route déformée (et ce souvenir est récent et ne peut pas encore avoir été transformé !).
Je
m'amuse.
Je n'ai plus peur.
Le monde s'ouvre à moi, avec toutes ses routes
intercontinentales.

Nous débarquons à Pise. La ville est toujours la même. Ce soir il n'y a pas de taxi. Nous attendons longtemps.
Je suis de retour d'Angoulême, de Paris.
En France, j'ai gagné deux prix très important et cela m'a ému. Pour la première fois, j'ai "senti" un prix.
Et puis sont arrivées toutes les propositions du monde, les photographes et la télévision.
Après le prix, c'est la fièvre qui est arrivée. Le lendemain matin de la remise des prix j'ai vomi au réveil. L'émotion peut-être. Peut-être le fait que le corps, après cinq ans de dessin ininterrompu, a véritablement dit stop ; c'est terminé maintenant ; on fait la fête.

Le monde de la bande dessinée française m'a accueilli avec une affection que je n'ai jamais eue. Alors que je suis au lit, dans une petite maison au dessus de la place principale d'Angoulême, à attendre que la fièvre passe, j'allume la télévision et je me vois voûté et maladroit allant recevoir le prix. Je suis sur toutes les chaînes nationales.
Il y a des reportages
spéciaux à la radio.
Je suis une petite star aujourd'hui.

Ma maman me dit au téléphone qu'il y a un entrefilet dans "La Nazione".
A côté
de la page qui parle des dernières aventures de Bobby Solo, il y a une petite colonne qui raconte qu'un habitant de Pise a triomphé à Angoulême.
Je suis content.
Je le dit à ma maman, pendant qu'elle me lit l'article à haute voix.