Il rito comprende il sonno. Lo prevede.
La notte precedente al rito (anche se possiamo dire che questa notte precedente, già appartenga al rito) si deve dormire poco.
Si può realizzare, questa condizione di sonnolenza, in modi diversi.
Il rito però, preferisce i modi peggiori.
Giocare fino alle 4 di mattina ad un gioco al computer è un buon modo. Adatto al rito. Apprezzato.
La mattina del rito il sonno deve essere quasi intollerabile. Così è scritto.
Nel rito, durante il rito, si devono avere comprensibili dubbi sul mezzo di trasporto da utilizzare per recarsi sul luogo del rito.
Per quanto la logica possa suggerire l'utilizzo di mezzi più comodi, per il rito si sceglierà sempre il peggiore. Il più pericoloso, il più faticoso.
Questo mezzo, per il rito in questione, è l'automobile.
Il tratto da percorrere per raggiungere il luogo preposto al rito, porta a Bologna e comprende il passaggio dell'appennino sulla famigerata A1, nello specifico del tratto che separa Barberino del Mugello da Roncobilaccio. Così richiede il rito.
Il rito prevede un primo intoppo sull'autostrada. Mentre ancora si è soltanto in viaggio, ancora intenti a raggiungere, nel modo più faticoso possibile, il luogo del rito.
Il primo intoppo, solitamente è costituito da un ingorgo. Una fila per incidente sul tratto appenninico dell'autostrada, per esempio.
Ma altri intoppi sono ben accetti.
Un ritardo nell'avvio della stampa. Dalle 11 della mattina alle quattro del pomeriggio, è un intoppo ben accolto dagli officianti al rito.
Questo ritardo, come risulterà comprensibile anche ai meno attenti tra noi, vanifica il risveglio in prima mattinata e conferisce al sonno insopportabile presente (precedentemente citato) un tono di beffa.
Per raggiungere il luogo preposto al rito, il rito stesso comporta che non si domandi informazioni sulla strada da percorrere.
Nel rito si entrerà più volte sulla tangenziale in direzione errata.
Se ne uscirà e si rientrerà nuovamente più volte, per poi saltare colpevolmente la giusta uscita. Il rito prevede che si percorra più volte il tratto tra l'uscita 7 e l'uscita 10 della tangenziale che circonda Bologna.
L'uscita corretta, per raggiungere il luogo del rito, è la numero nove. Quella che ha un palo ben piazzato proprio davanti al cartello con su scritto NOVE.
Quel palo, certamente, è stato posizionato in quella precisa et obscurante maniera dagli addetti al rito.
Fa parte del rito.
Il rito è la stampa del libro.
Il libro in questione è "S."
E' la quarta volta che partecipiamo, io e la mia fidanzata. Sono quattro volte dal 2002. Pur con scarsissime basi matematiche, posso dedurre che il rito si svolga, di media, una volta all'anno. Una ulteriore osservazione ne colloca il periodo preferito al principio della brutta stagione.
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Per il rito è necessario vestirsi male. Non lavare i capelli.
Questo stato di trascuratezza dovrà essere documentato poi, in fotografia , come attestato di ottemperanza alle regole del rito riguardanti la cura della persona.
Quando il rito avrà inizio, quando la stampa inizierà, si evocheranno i demoni dell'errore.
Gli officianti al rito si consumeranno gli occhi per controllare le prime stampe. Ciò nonostante, dovranno accorgersi di eventuali errori (anche gravissimi) soltanto dopo l'avvio delle macchine da stampa.
In questo caso, oggetto del disastro sarà un singolo accento.
Un accento su una "e". Un accento mancante su una "e" particolare.
Una "e" posta nel punto più importante del racconto contenuto nel libro oggetto del rito.
Questo fa parte del rito.
L'errore più grave dovrà avere la singolare caratteristica di apparire "tanto grave" solo agli occhi dell'autore del libro oggetto del rito.
Agli occhi degli altri officianti al rito, questo errore dovrà risultare insignificante e trascurabile. Si dovrà, quindi, generare una condizione in cui l'autore del libro oggetto del rito dovrà apparire, agli occhi degli altri presenti, come posseduto dai demoni evocati dal rito stesso.
L'autore coinvolto nel rito, se il rito funzionerà come si deve, dovrà trovarsi in conflitto aperto con il resto del mondo per un motivo che soltanto lui comprende.
Dovrà lasciare il luogo preposto al rito. Recitare una litania improvvisata che abbia per contenuto un pianto di cosmica solitudine esistenziale.
In seguito, dovrà rivolgersi al proprio assistente spirituale, riversargli addosso angosce e lamenti. Dovrà maledire se stesso (e il mondo che mai lo assiste e lo abbandona in solitudine) fino a riconoscere nell'errore rivelato dal rito (l'accento sulla "e", in questo caso) l'orrore stesso della condizione umana.
Dovrà tornare al rito, infine. Sacrificato ormai, nel profondo. Siederà al tavolo dove si svolge il rito e mentendo pronuncerà la frase "Non importa. Andiamo avanti. Non fa niente". Per poi avere immediatamente un'altra crisi di nervi.
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Allora entrerà il sacerdote.
Il sacerdote del rito, finora , nella mia esperienza, è sempre stato lo stesso.
Il sacerdote è diventato tale per manifesta competenza negli affari legati al rito.
Il sacerdote (che non avrà mai atteggiamenti sacerdatoli, risultando addirittura, agli occhi dei più, come defilato e silente) riuscirà a soddisfare le esigenze di tutti gli officianti al rito.
Nel caso specifico, risolverà la questione dell'accento e calmerà i partecipanti con la sua sola presenza.
Il sacerdote ha un nome segreto.
E' nonno da poco.
Sarà grazie a lui, ed all'appoggio (seppur controvoglia) dell' oligarchia degli officanti alle sue spalle, che il rito potrà avviarsi verso la sua fase finale.
In questa fase, quando le macchine da stampa saranno in pieno regime e gli uomini in blu soltanto parteciperanno al rito, l'autore potrà tornare a casa.
La fidanzata dell'autore del libro oggetto del rito bacerà il gran sacerdote. Lo ringrazierà così, per aver salvato lo spirito del proprio compagno e la lettura del libro oggetto del rito.
Il rito prevede infine che la strada del ritorno sia la medesima dell'andata ma con traffico augmentato.
Durante il ritorno, nella fase conclusiva del rito (almeno per qunto riguarda la figura dell'autore del libro oggetto del rito) ci saranno pensieri ossessivi e si reciterà una litania composta da poche ossessive parole.
Queste parole, in forme di domanda, saranno poste alla fidanzata dell'autore del libro oggetto del rito.
Le frasi saranno ripetute in modo ipnotico per tutta la durata del ritorno a casa, durante le frenate ed il sorpasso dei camion con rimorchio.
Le frasi dovranno essere queste:
"E' buono no? Mi sembra buono. Il libro. Mi sembra buono. Tu che dici? E' buono. Sarà buono? Non è che farà schifo e nessuno ci capirà nulla? Farà schifo? Mi sa che fa schifo. Tu che dici? Fa schifo? O è buono? E' buono no?"
Questo è il rito.
E' sempre stato così.
E, temo, sempre sarà.